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Storia
El Garrote
Nella cella della morte
Faceva un gran caldo nel mese di luglio del 2000…
Ero andato a prelevare Eduardo Bonnin a Fiumicino per accompagnarlo alla Domus Pacis dove avremmo soggiornato durante i giorni della Terza Ultreya Mondiale.
Avevo provato una forte emozione nel rivederlo, anche se appariva molto invecchiato; per evitargli il lungo cammino lungo il Terminal aeroportuale era stato trasportato su una sedia a rotelle. Le stanze non erano ancora pronte per cui, per difenderci dall'afa, decidemmo di aspettare in macchina godendo il sollievo del climatizzatore.
Notai il rigonfiamento sotto la giacca, all'altezza del cuore, e scherzando gli dissi: "Eduardo, adesso viaggi con la pistola?" "No, non è una pistola… e qualcosa di molto più potente". Senza aggiungere altro prese dal taschino un fazzoletto bianchissimo, accuratamente ripiegato: era un vecchio Crocifisso.
Capii… ne avevo sentito parlare tante volte di quel Crocifisso da cui Eduardo non si separava mai, della storia dei condannati a morte, che in ogni Cursillo viene riportata nel rollo Responsabili". "Ti prego Eduardo raccontami come è andata…" Chiuse gli occhi e percepii subito che era un ricordo che ancora lo turbava; lentamente iniziò il racconto.
Era il 1949. Due giovani, durante il servizio di leva, avevano ucciso, per rapina, un'anziana signora; essendo militari erano soggetti alla legge marziale ed erano stati condannati a morte. Mancavano meno di 24 ore all'esecuzione e nessuno dei due mostrava segni di ravvedimento rifiutando qualsiasi contatto con il sacerdote. Conoscevo il cappellano del carcere; era un bravo sacerdote e non si dava pace pensando a quei due ragazzi, così giovani e così vicini alla morte.
Anche voi siete giovani… forse potreste riuscirci. Non ce la sentimmo di rifiutare e così io ed Andres Rullan, che allora era il vicepresidente dei giovani di Azione Cattolica, ci avviammo verso il carcere; avevamo una grande paura, ci tremavano le gambe, ma sapevamo di non avere alternative.
Chiedemmo a tutti i nostri amici del gruppo ed a coloro che avevano fatto il Cursillo di sostenerci con la preghiera; successivamente abbiamo saputo che molti giovani passarono la notte passeggiando, con il rosario in mano, lungo i viali della città.
Varcammo il portone del carcere e, mentre sentivamo richiudere alle nostre spalle i cancelli di ferro, il timore aumentava; era un compito troppo grande per noi, stringevo tra le mani questo Crocifisso ed abbozzavo tra le labbra una preghiera.
I condannati erano in una piccola stanza e non ci degnarono di uno sguardo; stavano scegliendo il loro ultimo pasto: una paella. Avevano le tasche piene di sigari e sembravano intenzionati a fumarli tutti durante la notte… ostentavano un linguaggio osceno che rendeva ancora più penosa la situazione. In un angolo della stanza sostava un ufficiale, componente della corte marziale che aveva emesso la condanna; doveva guardare a vista i condannati fino al momento della esecuzione; quell'uomo rappresentava l'autorità e così chiedemmo a lui di poter parlare con i due giovani. La sua risposta ci raggelò: "Fate pure, ma sono soltanto carne da macello! "
Aspettammo, pregando e tremando, la fine della cena e finalmente potemmo avvicinarci. Non sapevo cosa dire, come avviare un colloquio al quale non mi sentivo preparato… Dissi pertanto le prime parole che mi vennero in mente: "In genere le persone importanti o che stanno per ricevere una carica trovano tante persone che chiedono loro aiuto. Ecco, noi siamo venuti a chiedervi una raccomandazione per una iniziativa che ci sta molto a cuore, ma trova molte difficoltà".
"A noi?" Risposero sarcastici ed increduli. "Certo! A voi che siete in una situazione di privilegio rispetto a tutti noi. Nessuno di noi sa quando morirà, la morte può arrivare in tanti modi, all'improvviso. Se saremo in Grazia con Dio, ci andrà bene, ma se non saremo in Grazia con Dio… Il momento della morte, neanche il Papa, il Vescovo o i preti lo sanno! Invece per voi può essere una gioia sapere che domani alle sei del mattino…"
"Ma che favole stai raccontando!" risposero nervosamente.
"Non è una favola è la verità. Avete sentito parlare del Buon ladrone? "Oggi sarai con me in Paradiso". Pensate se lo vorrete, se mettete a posto il vostro passaporto… domani, alle sei sarete in Paradiso!"
"Ma che cavolo dici?" "È così!"
Qualcosa di incredibile avvenne, entrambi cambiarono espressione del viso ed abbassarono gli occhi. Uno di loro con voce tremante disse: "Se penso al dolore che procurerò a mia mamma… pensi che dovrei scriverle una lettera?" Incominciò a scriverla, ma fu vinto dall'emozione e dovetti aiutarlo mentre dettava. Trascorremmo insieme quella terribile, interminabile notte, mentre li ascoltavamo io stringevo forte questo Crocifisso. "Che cos'è che stringi?" Chiese uno di loro.
"Non è niente, è un pezzo di ferro… io sto chiedendo a questo Signore, che tu presto incontrerai, di illuminarci per potevi dire le parole giuste per convincervi ad approfittare dell'occasione".
Accettarono di confessarsi con il cappellano che, trepidante, aspettava da ore nella stanza adiacente.
Il sacerdote celebrò la Messa e tutti ci comunicammo; in fondo alla cappella l'onnipresente ufficiale della corte marziale. Dopo la benedizione finale il militare si avvicinò sussurrando: "Mi avete dato una lezione!"
Erano le sei meno un quarto, il primo dei condannati fu portato in una piccola stanza al centro della quale vi era uno sgabello con un palo di legno come spalliera, a metà altezza vi era una specie di collare azionato da una manopola a vite. Era la garrotta, un barbaro strumento di morte con cui il condannato veniva lentamente soffocato dal collare mentre il perno, da dietro, sfondava le vertebre cervicali.
È stata la più terribile scena cui ho mai assistito; all'improvviso entrò nella stanza il boia, indossava una brutta uniforme color verde oliva. Rivolgendosi al giovane, disse cinicamente: "Siediti, bello!"
Mentre all'infelice veniva infilato un cappuccio nero in testa, Andres ed io corremmo in Cappella per rifugiarci nella preghiera, ma un grido ci richiamò: "Eduardo, ti prego, dammi il tuo Crocifisso!." Lo portai e morì baciandolo. Anche il suo amico volle morire con il Crocifisso sulle labbra.
I giorni seguenti portai la lettera alla mamma di quel giovane, che era di Mallorca. Per molti mesi non sono riuscito a dormire, mi sono portato dietro come un incubo l'immagine di quello sgabello e dell'orribile uniforme color verde oliva.
Mi era di sollievo soltanto la certezza di avere due amici in Paradiso.
Successero tante cose, a Mallorca, in quell'anno 1949…"
Una benedizione a due mani
All'inizio del 1949 gli ambienti cattolici di Mallorca erano in pieno fermento. L'entusiasmo per la riuscita del pellegrinaggio a Santiago, la presenza di un Vescovo carismatico ed il dinamismo dei giovani di Azione Cattolica guidati da Eduardo Bonnin avevano rinvigorito la comunità diocesana. Don Sebastian Gayá era stato nominato responsabile diocesano dei giovani di Azione Cattolica e don Juan Capó era da poco rientrato da Roma.
I nuovi Cursillos si tenevano da cinque anni, con cadenza annuale e risultati promettenti per cui si sentì l'esigenza di farli uscire dalla fase "sperimentale" per iniziare una energica azione di apostolato degli ambienti.
In questa fase furono determinanti il dinamismo e la capacità organizzativa di Andres Rullan che convinse il gruppo ad organizzare almeno un Cursillo al mese dandole una numerazione progressiva.Insomma si stavano creando le condizioni che avrebbero successivamente consentito una rapida diffusione del movimento.
Dal 7 al 10 Gennaio 1949, presso il monastero di S. Honorato, a 30 chilometri da Palma de Mallorca, si tenne il Cursillo che successivamente verrà ricordato come il numero uno, anche se in realtà fu il sesto della storia; rettore fu Eduardo Bonnin, direttore spirituale don Guillermo Payeras, mentre don Juan Capó tenne le tre meditazioni secondo i nuovi schemi che furono subito inserite nella metodo.
Iniziava dunque una fase di forte sviluppo per i Cursillos ideati dal gruppo di Eduardo Bonnin ma, contemporaneamente, cresceva l'ostilità da parte degli ambienti più tradizionalisti ed in particolare degli adulti di Azione Cattolica che trovavano inaccettabili le novità introdotte dai nuovi corsi; si creavano le premesse che avrebbero successivamente portato alla separazione tra Azione Cattolica ed il Movimento dei Cursillos.
La svolta si verificò nel mese di novembre, in occasione della assemblea annuale dell'Azione Cattolica, presieduta dal vescovo, monsignor Juan Hervás. In tale occasione i responsabili dei vari settori facevano un consuntivo dell'azione svolta nel corso dell'anno ed esponevano il programma per l'anno successivo. Eduardo, in qualità di presidente, nel suo intervento sottolineò che, tra le varie attività, un rilievo particolare era stato assunto dai nuovi Cursillos.
Sapeva che da tempo alcune persone avevano manifestato al vescovo forti critiche all'operato del suo gruppo. Era quella l'occasione ed il momento giusto per fugare ogni dubbio.
Eduardo nel suo intervento chiese pubblicamente al vescovo, per ben tre volte, se gradisse o meno i Cursillos: "Se Lei non li gradisce, noi non ne faremo altri e cesseremo ogni attività, ma se Lei li gradisce… noi andremo avanti senza incertezze!"
Tutta l'assemblea ammutolì, decine di giovani tenevano lo sguardo fisso sul vescovo cercando di capire le sue reazioni ed aspettando una risposta che avrebbe potuto decretare la fine del loro progetto.
Monsignor Hervás si alzò e, prendendo la parola, pronunciò una frase che rimarrà storica per il nostro Movimento: "Io i Cursillos di Cristianità non li benedico…" Seguì una breve pausa durante la quale il mondo sembrò crollare addosso ai nostri giovani amici. Poi proseguì: "... non li benedico con una mano, ma li benedico con entrambe le mani!"
Fu un'apoteosi, alla fine dell'assemblea, quando il Vescovo salì sull'automobile, i giovani entusiasti sollevarono l'auto a braccia e la portarono così per un centinaio di metri. "A me questo non è piaciuto!" Urlò il vescovo… Eduardo rispose: "Sarebbe stato il colmo se le fosse piaciuto!" Quella memorabile serata si concluse, per centinaia di giovani, davanti al Tabernacolo.
Il Crocifisso di Eduardo
LA PARTENZA PER SANTIAGO
Alla partenza veniva compiuto il rito della vestizione con la consegna del bastone e della bisaccia da parte del sacerdote:
"Ricevi questa bisaccia, che sarà il vestito del tuo pellegrinaggio affinché, vestito nel modo migliore, sarai degno di arrivare alla porta di San Giacomo dove hai desiderio di arrivare e, compiuto il tuo viaggio, tornerai da noi sano e salvo con grande gioia, se così vorrà Dio che vive e regna per tutti i secoli dei secoli.
Ricevi questo bastone, per sostegno del viaggio e della fatica sulla strada del tuo pellegrinaggio affinché ti serva a battere chiunque ti vorrà far del male e ti faccia arrivare tranquillo alla porta di San Giacomo e, compiuto il tuo viaggio, tornerai da noi con grande gioia, con la protezione di Dio che vive e regna per tutti i secoli dei secoli."
Il pellegrino alla partenza di spogliava degli averi e spesso doveva vendere o ipotecare i beni per potersi finanziare il viaggio. Faceva testamento e dava disposizioni per il governo del patrimonio in sua assenza. Spesso la Chiesa interveniva attivamente in questa funzione di tutela. Questo stato particolare conferiva al pellegrino un particolare prestigio.